Il pesce di Angelina
Correva l’anno 1986, da poco Historie aveva dato il via ad un nuovo progetto: il Centro Laboratorio di tessitura artigianale, un modello di funzionamento di Centro diurno per persone con disabilità per l’epoca decisamente innovativo.
Nel Centro infatti coesistevano attività didattiche e riabilitative con un laboratorio artigianale di tessitura al telaio e con un negozio per la promozione e vendita dei manufatti, il tutto orgogliosamente proposto attraverso una grande vetrina sulla centrale via Nino Bixio in Villafranca.
Ancora una volta l’idea che animava i progetti di Historie era quella dell’inclusione e dell’integrazione attraverso il lavoro e la valorizzazione di abilità che tutte le persone possiedono.
In noi, allora giovani educatori, molti sono i ricordi di storie e vissuti di quel periodo, cose belle e non belle, successi e frustrazioni, soddisfazioni e fatiche, ma fra tutti uno è ancora oggi ben presente nella mia memoria: “il pesce di Angelina”.
Angela era una giovane donna ospite del Centro, la sua storia era un concentrato di sofferenze e vicissitudini che l’avevano colpita fin da ragazzina e che avevano seriamente compromesso il suo equilibrio. Nemmeno le intense cure e terapie dei medici riuscivano a sedare la sua perenne angoscia e le sue paure, spesso deliranti.
In particolare era ossessionata da un incubo ricorrente: l’immagine cupa e terrificante di un enorme pesce cha la opprimeva e di frequente gli operatori si trovavano a fronteggiare e contenere il conseguente stato di agitazione che la sconvolgeva.
Fu allora che le educatrici, tra cui ricordo soprattutto la signora Silvana che allora coordinava il Centro, ebbero un’intuizione che poi risultò vincente: esortarono Angelina a raccontare la visione del pesce e addirittura a raffigurarlo disegnandolo su fogli di carta che in breve tempo diventarono molto numerosi, sembrava quasi che i disegni permettessero ad Angelina di contenere le paure che gli incubi suscitavano, via via l’immagine appariva sempre meno minacciosa, i colori più tenui, il pesce più piccolo, quasi amichevole.
Successivamente il disegno venne utilizzato per progettare un arazzo da costruire al telaio con la partecipazione di Angelina, delle sue compagne e delle educatrici. L’operazione non fu facile e servì diverso tempo ma alla fine il risultato sorprese tutti: l’orribile mostro era diventato un simpatico pesciolino che nuota sereno nell’azzurro del mare, e Angelina stette molto meglio.
Non sappiamo con certezza se questo importante miglioramento fu casuale, frutto di coincidenze o merito della creatività delle educatrici, ma a distanza di tanti anni, mi piace pensare che anche le sofferenze più complicate e difficili possono essere affievolite con un buon metodo di lavoro, la vicinanza, tanta passione e un po’ di fortuna.
Oggi quell’arazzo fa bella mostra di se nella sede di Fondazione Historie, appeso alla parete il pesce di Angelina sembra voler ricordare a tutti quanto può essere bello questo mestiere.
Virginio
foto dell’arazzo presente nella sala mensa in Via Mantova